cultura

Festival delle Geografie: giorno 3

Cronaca di Matteo Barattieri

È la geopolitica, una tra le tante applicazioni delle discipline geografiche, a caratterizzare il terzo giorno del Festival. Applicazione, ahinoi, non proprio presente nel sentire comune.
Dove si trova oggi il confine della nostra vecchia Europa? Fulvio Scaglione ne colloca la porzione Sud lungo il Mediterraneo. Anzi, questo limite andrebbe spinto ancora più a sud. “Le problematiche dei migranti vanno affrontate come male cronico e non come emergenza, andando oltre logiche puramente umanitarie o nazionaliste”, spiega Scaglione. Gli interventi devono avere per scenario quelle aree subsahariane da dove partono i viaggi dei disperati. L’assenza di una compiuta e adeguata politica estera dall’agenda dei nostri governi è ormai questione che si trascina da anni. Una via tracciata potrebbe essere quella del Recovery Fund, modalità di cui valersi per finanziare missioni nelle zone dell’Africa prima citate. In una logica, motivo trainante da tempo nel giudizio di esperti ed osservatori, pienamente europea. E guardando alle altre potenze – Cina in primis, oltre a Russia e USA – come inevitabili compagni di viaggio. “Non dimentichiamo però il ruolo delle grandi multinazionali”, ricorda opportunamente una persona dal pubblico.

E alla geopolitica arriva, dopo un lungo percorso, Dino Gavinelli, docente universitario. La sua panoramica sui tanti significati e le tante sfumature del termine “confini” è ricca e gustosa. “Confini” e non “confine”, in una declinazione che cambia di continuo scenari e connotazioni. Esistono confini porosi e confini rigidi. Esistono confini di terra e di mare, e nello spazio. Nella fase di mondializzazione – una globalizzazione, ridefinita da nuovi approcci da parte di chi ha in mano le sorti di genti, comunità, merci, economia – che caratterizza questa fase della storia del Pianeta Uomo sono proprio i confini di mare e di aria ad assumere un ruolo strategico.
Anche una celebrazione come quella dell’anniversario del Canale di Suez, che ha offerto alla associazione “Gaetano Osculati” lo spunto per ripercorrere il percorso di Camperio nella zona del futuro Canale, non manca di fornire agganci alla attualità e alla necessità per l’Italia di riprendere un proprio ruolo in una parte dell’Africa cui siamo legati da un rapporto che parte da lontano nel tempo. “Dal Canale di Suez alla zona del Corno d’Africa, si giocano molte strategie decisive in tanti ambiti. Non possiamo rimanerne fuori”, spiega Alberto Caspani.
Ed esistono anniversari più personali. Adriano Zecca ripercorre le proprie orme in una isola sperduta dell’Indonesia, dove cominciò il suo lavoro di documentarista, nel 1969. Dopo 50 anni, molte cose sono cambiate: le genti del piccolo villaggio che gli rimase impresso all’epoca conservano ancora importanti elementi della loro antica cultura ma, a poco a poco, il tutto /sarà trasformato da un progresso che non è solo, però, cancellazione di un modo di essere.

Scrivi un commento